Quanti modi di fare e rifare le lasagne di panissa con broccoli e pecorino romano

6 novembre 2012 § 27 commenti

Questo mese Quanti modi di fare e rifare lo ospito io, anche se non me la merito questa incursione nella mia cucina, perché sono una foodblogger sciagurata.
A ogni modo, la ricetta è pressoché identica all’originale, speravo almeno di fare uno scatto migliore del precedente che faceva schifo perché era stato fatto con il cellulare (ah, l’inesperienza), ma qui al nord da qualche settimana è buio a qualunque ora del giorno e della notte, sembra di vivere nel circolo polare artico, insomma, ci si deve accontentare anche stavolta.
Invece sono curiosissima di sapere cosa ne pensano le altre cuoche e cuochi, anche perché questa è tutta farina del mio sacco, ci tengo, sa? E poi c’è il ritorno del nanosommellier, che dopo n ricette di dolci e pani stava iniziando a fare le ragnatele, poveretto, devo proprio esaudire il suo desiderio di farlo diventare un sommellier adulto fargli abbinare un rosso. Abbi fede.

ingredienti per 4 porzioni piccole
per la panissa
150 g di farina di ceci
500 ml d’acqua tiepida
sale
poco olio EVO

per il condimento
1 broccolo
1 spicchio d’aglio
2 acciughe sott’olio
peperoncino qb

per la besciamella
450 ml di latte intero
1 noce di burro
1 cucchiaio e mezzo di farina 00
sale
50 g di pecorino romano grattugiato

Preparate la panissa: in una pentola antiaderente stemperate la farina di ceci con due cucchiai di olio EVO e l’acqua tiepida, versandola poco alla volta e mischiando bene perché non si formino grumi. Accendete la fiamma al minimo e fate cuocere la panissa per una mezz’ora. Mescolate ininterrottamente e vigorosamente, stando bene attenti che non si attacchi (si attaccherà comunque, è una missione persa in partenza, ma potrete dire di averci provato). Una volta pronta versatela in un contenitore rettangolare leggermente unto, lasciatela intiepidire e tagliatela a fettine sottili, cercando di non mangiarne metà durante l’operazione.
Nel frattempo lavate e cimate il broccolo e scottatelo 5/10 minuti in acqua bollente. Scolatelo bene, lasciatelo asciugare qualche minuto, tritatelo grossolanamente e soffriggetelo in padella con l’olio, il peperoncino, l’aglio schiacciato e i due filetti di acciuga.
Preparate la besciamella: sciogliete il burro in un pentolino dal fondo spesso, aggiungete la farina e mischiate bene. Aggiungete qualche cucchiaio di latte, battendo con le fruste perché non si formino grumi, e incorporate  il resto degli ingredienti, tranne il pecorino. Fate cuocere a fuoco lento fino a raggiungere la consistenza desiderata (non troppo densa, in questo caso). Spegnete e aggiungete il formaggio grattugiato, lasciandone da parte un paio di cucchiai.
Rivestite con uno strato di panissa una pirofila leggermente unta delle dimensioni di circa 21×16 cm, cospargete con qualche cucchiaio di broccoli, dai quali avrete eliminato l’aglio, distribuendoli bene, e ricoprite con metà besciamella. Formate un secondo strato, cospargete di pecorino, aggiungete qualche fiocco di burro e informate in forno preriscaldato a 200° per una quarantina di minuti, o finché la superficie non sarà dorata.
Servite BOLLENTE.

cosa dice il nanosommellier

Questa lasagnetta sui generis mi consente di rientrare, dopo tante birre, in un ambito più noto ai lettori del blog, o almeno credo: il vino. Non perché non vi
siano birre all’altezza, anzi, ben si abbinerebbe una morbida golden ale poco luppolata o una helles, per non parlare di qualche artigianale alla castagna, ma perché la tendenza dolce della panissa, unita alla sua aromaticità e a quella del broccoletto mi fanno pensare a un vino in particolare. Un momento di suspance, perché torniamo al piatto: il formaggio. L’abbinamento si gioca su questa componente, su quanto cioè il pecorino sarà percettibile. Io scelgo di considerarlo ben percettibile (e hai fatto bene perché rispetto alla ricetta originale ce ne sono circa 20 g in più n.d.r.), in modo da aggiungere una naturale sapidità al piatto (trascuriamo l’acciughina). Fiano di Avellino di Marsella, un vino straordinario che andrà quasi certamente un po’ oltre la complessità del piatto e di sicuro si abbinerà splendidamente al sapore dei ceci. Che poi il vino superi di un cicinin il sapore della preparazione chi se ne frega (oddio sto iniziando a parlare come nanocucina, FERMATEMI).
PS ovviamente altri Fiano di Avellino sono indicati e si abbineranno ma, se avete intenzione di regalarvi un emozion(cina), provate il Marsella

Il mese prossimo siamo tutte da Vickyart per preparare i suoi mostaccioli napoletani!

pane della domenica: pan brioche con pere, crema di nocciole e fave di cacao

28 ottobre 2012 § 7 commenti

Tecnicamente non è proprio un pane, ma dovrò pur farmi perdonare per il periodo non proprio prolifico. L’impasto è un’evoluzione della focaccia della sciura Maria, che per l’occasione si è trasformato in pan brioche. Il tocco di classe sono le fave di cacao tostate che arrivano dritte dritte dal Guatemala – e scusate se è poco – e aggiungono una texture croccantina e una punta di amaro che ridefinisce la dolcezza della crema di nocciole e del miele. Sto iniziando a parlare come il nanosommellier. Fermatemi.

ingredienti per l’impasto
130 gr di farina tipo 0
180 gr di farina tipo 00
110 gr di acqua (circa)
150 g di licoli rinfrescato almeno tre volte
1 uovo
6 cucchiai di olio
7 gr  di sale
ingredienti per la farcitura
3 pere
3 cucchiai di miele
3 chiodi di garofano
mezzo cucchiaino di zenzero in polvere
1 noce di burro
qualche cucchiaio di crema di nocciole (io ho usato la crema di nocciole biologica Rigoni di Asiago)
una manciata di fave di cacao tostate e sbriciolate

Sciogliete il licoli nell’acqua a temperatura ambiente. Aggiungete l’uovo leggermente battuto, l’olio e la farina, amalgamando con una forchetta. Quando la farina sarà stata assorbita rovesciate sulla spianatoia infarinata e impastate pochi minuti, riprendendo l’impasto dai bordi e premendo verso il centro. Coprite a campana, lasciate riposare mezz’ora e aggiungete il sale. Altra impastatina veloce e mettete a lievitare ben coperto in luogo tiepido, dando due giri di pieghe ogni ora. Lasciate raddoppiare.
Preparate la farcitura. In una padella fate imbrunire leggermente il miele. Aggiungete le pere sbucciate e tagliate a pezzi, lo zenzero e i chiodi di garofano e cuocete finché le pere saranno ben morbide. Scolatele conservando il liquido di cottura e lasciatele raffreddare.
Dividete l’impasto in due e stendete un primo disco in una teglia tonda ben infarinata di circa 28 cm di diametro. Ricoprite con qualche cucchiaio di crema di nocciole, le pere e le fave di cacao sbriciolate. Chiudete con il secondo disco, sigillando bene i bordi. Lasciate lievitare ancora 2/3 ore. Riprendete il liquido di cottura delle pere, scaldatelo, aggiungete una noce di burro, filtrate e usatelo a freddo per spennellare la superficie del pan brioche. Infornate a 180° e cuocete finché non sarà ben dorato. Mangiate tiepido con una tazza di caffè forte e il lunedì sembrerà un giorno migliore.

brick tunisino con spinaci e uovo

11 ottobre 2012 § 4 commenti

(OK, facciamo finta che dall’ultimo post non sia passato quasi un mese)

Il brik è una sfoglia sottilissima – meno di un millimetro – di acqua e farina tipica della Tunisia. Da quanto ho capito è uno street food classico che si trova un po’ ovunque e solitamente viene farcito con tonno, capperi e uovo, talvolta con l’aggiunta di patate. Io non avevo nessuno di questi ingredienti a parte l’uovo e quindi, come al solito, ho improvvisato. I fogli di brik li ho comprati a Milano da Kathay, ma secondo me con qualche tentativo si possono autoprodurre: in caso di successo sarete i primi a saperlo 🙂
La frittura è perfetta: veloce, croccante, dorata, non trasuda olio. Decisamente da riprovare con diversi ripieni.

ingredienti per una persona
2 fogli di brik
100 g di spinaci cotti e ben strizzati
50 g di emmenthal o altro formaggio a piacere
peperoncino a piacere
1 spicchio d’aglio
1 cucchiaio di olio EVO
1 uovo
olio per friggere
sale

Fate saltare gli spinaci insieme allo spicchio d’aglio sminuzzato e al peperoncino. Regolate di sale, togliete dal fuoco e lasciate raffreddare.
Sovrapponete due fogli di brik e ponete al centro gli spinaci ormai freddi e il formaggio a dadini. Formate un piccolo incavo e versateci l’uovo intero (sgusciato, eh). Richiudete a fagottino. Non si chiuderà
perfettamente, ma non importa perché verrà sigillato durante la frittura. Scaldate l’olio, che deve essere ben caldo ma lontano dal punto di fumo. La nonna che è in me vi suggerisce di immergere nell’olio il manico di un cucchiaio di legno: quando si formano delle bollicine è pronto. Immergete il fagottino con la chiusura verso il basso. Una volta dorato giratelo e friggetelo dall’altro lato.
Scolate, asciugate su carta assorbente e mangiate ancora bollente.
Dalla foto non si capisce perché non sono riuscita a centrare il punto di taglio giusto e avevo un solo tentativo a disposizione, ma il tuorlo d’uovo rimane morbido e fondente. Una meraviglia! Vi suggerisco anche di ricordarvi questo dettaglio mentre lo addentate. Insomma, state attenti. Io vi ho avvisati.

cosa dice il nanosommellier

Non è facile cercare un abbinamento con ingredienti mai provati (brik) e con una qual certa variabilità nel risultato finale dovuta alle varianti “a piacere”.
Fatta questa doverosa premessa credo che l’abbinamento sia piuttosto semplice: escludiamo a priori un vino rosso che mal si adatterebbe agli spinaci e possiamo già ipotizzare di stare su un vino bianco leggero, meglio se frizzante (es. Pignoletto o Prosecco) o, suggerimento del sommelier, una buona birra (suggerimento più che ben accolto, trattandosi di un cibo da strada mi sembra la scelta più azzeccata n.d.r).
In questo caso una birra poco amara, per non acuire quella stessa tendenza degli spinaci, e dotata di un buon fruttato senza esagerare con corpo ed alcool.
Per questo scelgo una birra artigianale italiana, del Birrificio del borgo, la Trentatre. E’, recita l’etichetta, una “golden ale”, una  birra di stampo inglese che vede per tradizione una discreta luppolatura. Qui la mano del mastro birraio è stata abbastanza delicata e, in ogni caso, il fruttato del malto è ben percepibile e le bollicine aiuteranno a ripulire dall’unto della frittura . Una birra che si trova abbastanza facilmente e che personalmente trovo una delle migliori nel panorama delle birre artigianali a larga diffusione.

riso fritto con sesamo nero e salsa takoyaky

17 settembre 2012 § 6 commenti

Una cosa che mi piace, non so se si era capito, è setacciare  i supermercati cinesi alla ricerca di spezie e semi che qui non si trovano. Tipo che le bacche di goji, che qui costano un botto e mezzo, nei supermercati cinesi te le tiran dietro. Comunque questa è la settimana del sesamo nero, che pare dia il meglio di sé nei dolci, e infatti l’ho provato la prima volta in un gelato. Buonissimo. Fu subito ammòre.
Però è un periodo che i dolci non mi piace farli, e quindi: riso fritto! Ché mi è venuto per associazione di idee: i migliori risi fritti si mangiano in oriente, non c’è nulla da fare, è una scomoda verità. Se dovete mangiare un risotto venite qui, però farlo saltare è un’altra storia.
Dopo averlo preparato però sentivo che mancava qualcosa, cos’era? Secondo me era la salsa takoyaky che avevo in frigorifero. Perché, signori miei, io ho una piastra per takoyaky e non ho paura di usarla. Io continuo a pensare che ci stia alla perfezione, questa salsa qui.

ingredienti
300 g di riso a chicco corto
460 ml di acqua
1 porro non troppo grande (o mezzo porro grande)
1 spicchio d’aglio schiacciato
un cucchiaio di semi di coriandolo
una manciata abbondante di fagiolini
6/7 cucchiai di sesamo nero tostato
2 uova
4 cucchiai di olio EVO

Preparate il riso pilaf, utilizzando acqua al posto del brodo, e stendetelo a raffreddare su un foglio di carta forno inumidito. Se volete fermarne la cottura potete anche spruzzarlo con pochissima acqua fredda.
Tostate il sesamo nero e macinatene finissimi 4 cucchiai.
Pulite i fagiolini e sbollentateli in acqua bollente per un paio di minuti.
Affettate sottilmente il porro e soffriggetelo in olio insieme ai semi di coriandolo. Quando si sarà ammorbidito aggiungete lo spicchio d’aglio schiacciato, i fagiolini e cuocete per qualche minuto. Alzate la fiamma, Unite il riso e sgranatelo bene con una forchetta di legno.
A parte scaldate una padella con una noce di burro, rompete le due uova e strapazzatele lasciandole molto morbide.
Ora è il momento che tanto attendevate: assemblate il tutto. Quando il riso sarà dorato aggiungete il sesamo macinato e l’uovo, mischiate bene e lasciate insaporire ancora un minuto, poi STOP.
Distribuite nei piatti cospargendo di salsa takoyaky, semi di sesamo e un ciuffo di prezzemolo.
Servire bollente.

Cosa dice il nanosommellier

Il piatto di Nanocucina si presenta con una significativa incognita, la salsa Takoyaky che potrebbe o meno sovrastare il gusto e il profumo del sesamo. Sesamo che sapientemente è stato trattato con la tostatura affinché esprima tutto il suo potenziale aromatico; il calore  infatti permette agli oli essenziali di fuoriuscire dai semi esprimendo la massima aromaticità.
Il resto, salsa a parte, può essere considerato abbastanza neutro. Qui  preferisco una birra che richiami la sapidità e la tostatura del sesamo cercando, sempre per concordanza, quelle note dolci del malto che dovrebbero andare a braccetto con la salsa. Scelgo la 5 A.M. Saint di Brew Dog, un microbirrificio “iconoclasta” di stampo moderno ma che produce birre assolutamente di livello e, in spirito punk forse modaiolo, contrario ai non-sapori omologati delle birre di largo consumo.

Quanti modi di fare e rifare: la focaccia dolce della sciüra Maria

6 settembre 2012 § 13 commenti

Questo mese Quanti modi di fare e rifare mi ha praticamente invitata a nozze. Non so se mi spiego: è un lievitato. Dolce e però non troppo dolce. Ci si può far colazione ma anche merenda. C’è l’uvetta (io e l’uvetta abbiamo una lunga storia di passione). È pure una ricetta con dietro una storia e le ricette che raccontano qualcosa ci piacciono particolarmente.
Una cosa, dopo averla fatta, è certa: la sciura Maria ne sa a pacchi. E ci credo che era la merenda preferita di Vittoria: è spettacolare e la versione con le fettine di mela dev’essere un’ottima variante. Io però preferisco la crosticina caramellata. ADORO. GNUM.
La ricetta di Vittoria è perfetta. Io ovviamente l’ho modificata per il licoli e in proporzione ho dovuto aggiungere più acqua, ma lì
dipende dal tipo di farina che utilizzate e da altre variabili. Valutate voi: l’impasto dev’essere elastico e non troppo appiccicoso,
anche perché le mele aggiungeranno umidità.

ingredienti
100 gr di farina tipo 0
175 gr di farina tipo 00
110 gr di acqua (circa)
150 g di licoli
circa mezza mela golden (100 gr)
una manciata di uvetta (70 gr)
4 cucchiai di olio
7 gr  di sale
burro e zucchero per la copertura: circa 50 gr di burro fuso e 2 o 3 cucchiai di zucchero (io ho utilizzato il Mascobado)

Ammollate l’uvetta in acqua tiepida e scolatela. In una ciotola sciogliete il licoli nell’acqua a temperatura ambiente. le due farine
setacciate, rovesciate su una spianatoia e impastate qualche minuto e coprite a campana per una mezz’ora. Riprendete, il sale e, per ultime, l’uvetta strizzata e la mela tagliata a pezzetti. Mettete a lievitare in una ciotola al riparo da correnti d’aria fino al raddoppio, dando due giri di pieghe nelle prime due ore. Sciogliete il burro e lasciatelo intiepidire. Quando l’impasto è ben gonfio riprendetelo,
trasferitelo su una teglia rivestita di carta forno e e stendetelo. Spennellatelo con il burro fuso, cospargetelo di zucchero e lasciate
lievitare ancora fino al raddoppio. Scaldate il forno a 240° e infornate per i primi 5 minuti nella parte più bassa del forno, poi
trasferite la focaccia nel ripiano centrale, terminando la cottura a 200°.
È assolutamente da provare tiepida.

Il mese prossimo saremo qui per preparare le palline di semolino.

msmen – crêpe sfogliate marocchine

4 settembre 2012 § 6 commenti


In teoria avrei voluto pubblicare questa ricetta ieri, ma poi il primo giorno di lavoro e mi sono intorpidita e insomma, eccola oggi, dopo la lunga pausa estiva.
L’avevo trovata la prima volta su un libro di cucina mediorientale, poi sono andata a caccia nella rete e ho trovato millemila versioni diverse. Alla fine ho fatto più o meno di testa mia. Per la sfogliatura ho usato il metodo di misskitchen che ha fotografato anche i diversi passaggi. Se le mie spiegazioni non fossero chiare vi suggerisco caldamente di dare un’occhiata e, visto che ci siete, di spulciare per bene il suo archivio perché merita.
È un pane ottimo, leggerissimo, burroso quanto basta, perfetto a colazione farcito di miele e – SPOILER – anche con i formaggi: io l’ho farcito con scaglie di pecorino toscano non esageratamente stagionato, scaldato leggermente e ciao, proprio. In più si cuoce in padella, quindi (escludendo i tempi di lievitazione) è anche velocissimo da preparare. Come quasi tutti i pani sottili, una volta freddo diventa una suola, ma basta farlo intiepidire e avrete risolto il problema.
Come al solito, tra parentesi le dosi per chi utilizza lievito di birra (LDB)

ingredienti
200 g di farina 00 (225 g se utilizzate LDB)
100 g di farina di grano duro (125 g se utilizzate LDB)
100 g di licoli (7 g di LDB)
un cucchiaino di sale (circa 7 g)
150 ml circa di acqua tiepida (200 ml se utilizzate LDB)
ghee o burro fuso per sfogliare
farina di semola fine per sfogliare

In una ciotola sciogliete il licoli (o il LDB) nell’acqua tiepida e aggiungete le due farine setacciate, mischiando con una forchetta. Quando la farina è stata completamente assorbita rovesciate l’impasto sulla spianatoia, lavorate pochi minuti, coprite a campana e lasciate riposare una mezz’ora. Riprendetelo, aggiungete il sale, impastate quanto basta perché sia ben distribuito e lasciate lievitare un paio d’ore in una ciotola leggermente unta, coperta e alla larga da correnti d’aria (solito forno, con luce spenta o accesa a seconda della stagione).
L’impasto non dovrà raddoppiare ma solo gonfiarsi leggermente. Dividetelo in 10 pezzi il più possibile uguali. Ora fate così: prendete una pallina d’impasto e, sulla spianatoia infarinata con la semola, stendetela il più sottile possibile: dovrà essere trasparente. In questo caso non importa se si formano buchi. Spennellate la superficie con ghee o burro fuso, piegate il lato destro verso il centro e sovrapponete il lato sinistro al precedente. Ora fate lo stesso con i due lati più lunghi, in modo da formare un quadrato. Il metodo è lo stesso della sfoglia classica. Prendete un’altra pallina, stendetela come sopra, spennellatela con del ghee o burro fuso e disponete al centro il quadrato di impasto precedentemente sfogliato. Richiudete i lati come per formare un pacchetto e tirate in una sfoglia di circa 1 mm di spessore. Ripetete fino a esaurimento.
Scaldate molto bene una padella a fondo spesso e cuocete i pani su entrambi i lati. Dovranno risultare leggermente dorati, non troppo o si seccheranno. Una volta cotti disponeteli sotto un panno in modo che conservino umidità e calore fino al momento di servirli.

totani in insalata con arepas e hummus

6 agosto 2012 § 6 commenti

Per ogni crisi creativa c’è un nanosommellier pronto a suggerirti gli ingredienti per una ricetta. In questo caso sono ingredienti che non avrei pensato di abbinare, e forse anche lui quando me li ha indicati pensava a qualcosa di diverso.
È un piatto che passerà alla storia anche come uno dei massimi momenti di orrore in cucina: l’occhio di uno dei totani che stavo pulendo mi è letteralmente esploso in mano, causando crisi di panico tra i presenti. Una roba atroce, altro che Cane andaluso.
Comunque, si diceva, gli ingredienti: totani, pomodoro, ceci, farina di mais bianco, menta, basilico, cumino. Il nanosommellier aveva senza dubbio in mente una polentina e un guazzetto (me l’ha anche confessato), ma qui in casa ci sono settordicimila gradi, la polentina anche no, grazie, mi volete morta? Una cosa tipo finger food mi sembrava più indicata.
Le arepas che in questo caso servono da accompagnamento sono un piatto molto diffuso in Venezuela e Colombia: una specie di focaccette di farina di mais bianca che il più delle volte vengono cotte alla griglia. Io le trovo ottime e da quando le ho scoperte le preparo spessissimo, anche perché sono molto veloci da cucinare e un’ottima alternativa al pane.

ingredienti
per i totani
500 g di totani
10/15 pomodorini ciliegia
una manciata di foglie di menta e basilico (metà e metà)
panko o pangrattato
olio qb
sale

per l’hummus
2oo g di ceci (pesati già cotti) – 120 g secchi
3 cucchiai di tahine
mezzo limone
1 spicchio d’aglio
mezzo cucchiaino di semi di cumino
2 cucchiai d’olio EVO + altro per la cottura
sale

per le arepas
1 tazza di farina di mais bianco precotta
1 tazza di acqua
sale

Prima di preparare il piatto mettete in ammollo i ceci secchi seguendo le istruzioni della confezione, poi cuoceteli in abbondante acqua bollente. Quando non avevo la pentola a pressione devo confessare che utilizzavo sempre i ceci in scatola. In questo caso sceglieteli di buona qualità e preferibilmente biologici.
Pulite i totani: eliminate la testa, le interiora, l’osso interno, lavateli, tagliateli a rondelle e tritate i tentacoli. Scaldate una padella con qualche cucchiaio d’olio e prima che raggiunga un calore troppo elevato aggiungete i totani. Per intenderci, non devono sfrigolare ma fare un leggero *fsssss*. Cuoceteli a fuoco bassissimo finché non sono teneri. Non ci vorrà molto, circa una decina di minuti. Quando saranno pronti prelevateli dalla pentola, senza eliminare il sugo di cottura, e metteteli da parte a raffreddare. Fate ridurre il sugo della metà circa e aggiungete panko o pangrattato quando basta per ottenere un composto bricioloso e non un orrido pappone. Io ho utilizzato il panko per la sua leggerezza. Sgranate con una forchetta, aggiungete due cucchiai d’olio e fate dorare a fiamma vivace.
Mettete da parte. Tagliate i pomodorini in quarti, tritate menta e basilico e assemblate il piatto, aggiungendo i totani e il panko ormai raffreddati e un filo d’olio a crudo. Mischiate bene e lasciate riposare qualche ora.
Frullate i ceci insieme al succo di limone, alla tahine, all’aglio e ai semi di cumino, aggiungendo acqua quanto basta per ottenere un composto cremoso. Regolate di sale e ricoprite con un filo d’olio.
Impastate la farina bianca con pari quantità d’acqua e un pizzico di sale. Nei negozi etnici vendono una farina per arepas, ma va benissimo anche della comune farina bianca (o, se proprio non la trovate, gialla) precotta. Ho visto che le prepara anche il mulino Lo Conte, se siete particolarmente fortunati potete comprarla in qualche negozio italiano. Lasciate riposare qualche minuto e ricavate delle focaccette alte circa un cm e larghe 8/10 cm. Cuocetele sulla griglia ben calda circa 15 minuti per lato. Servitele calde o tiepide insieme ai totani e all’hummus, potete farcirle o mangiarle semplicemente come accompagnamento, rigorosamente con le mani.

cosa dice il nanosommellier (EVVIVA, È TORNATO!)
Il totano, uno degli abitanti del mare a me più caro, è in grado di produrre da solo un aromaticità davvero notevole; il suo sughetto è assai spesso un concentrato di sapori marini di gran persistenza. In questo piatto la ricchezza e l’ampiezza delle sensazioni (consideriamo anche l’acido e la tendenza dolce del pomodorini, la fragranza del basilico e della menta, l’intensità delle spezie e dell’aglio) è tale da meritare un grande vino; un vino di struttura e di grande ampiezza con sentori fragranti, fruttati e marini allo stesso tempo, ma anche di grande perisistenza. La Loira, con i suoi vini di chenin blanc e sauvignon fornisce vini straordinari, resi ben freschi di acidità dal terroir. Tra le denominazioni Sancerre e Pouilly Fumé (più secchi) e Vouvray (più morbidi). Forse si dovrà investire qualche euro in più, ma per questo piatto vale sicuramente la pena!

ravioli di melanzane con ricotta di bufala e Fiore Sardo

23 luglio 2012 § 10 commenti

In queste ultime due settimane non sono stata esattamente pervasa dalla voglia di cucinare. Ogni tanto però mi vengono delle voglie improvvise. Tipo ieri pomeriggio, non avevo ancora pranzato, mi è venuta questa voglia di ravioli. I ravioli li faccio quasi mai, perché mi sembra sempre che ci voglia una vita. In realtà, poi, un’ora dopo li stavo già mangiando, quindi non ci vuole nemmeno tanto per soddisfare la voglia di ravioli, anche se arriva all’improvviso. L’unica cosa è che dovete avere in casa tutto quello che serve per prepararli, perché se i negozi sono chiusi o non avete voglia di uscire (IO! IO!) allora sono cazzi. Le cose fondamentali da avere in casa in questi momenti difficili sono farina, uova e qualche tipo di alimento che combinato possa formare un ripieno. Facile, quindi. Io, tra le altre cose, avevo melanzane, ricotta di bufala e Fiore Sardo. Sì, sono stata fortunata.

ingredienti per 1/2 persone (18 ravioli grandi)
per l’impasto
80 g di semola di grano duro rimacinata
20 g di farina 00
1 uovo
1 pizzico di sale

per il ripieno
180 g di melanzane
40 g di ricotta di bufala
30 g di Fiore Sardo (più altro per condire)
una manciata di basilico
1 cucchiaio abbondante di cipolla tritata
2 cucchiai di olio
sale qb

Per prima cosa preparate l’impasto. Versate la farina a fontana sulla spianatoia, rompete l’uovo, versatelo al centro insieme al sale e amalgamate lentamente, con un movimento circolare, incorporando la farina dal bordo della fontana. Quando la farina è stata assorbita impastate qualche minuto fino a ottenere un composto elastico e omogeneo. Coprite e lasciate riposare per un minimo di 30 minuti.
Sbucciate le melanzane e tagliatele a dadini. A questo punto potete scegliere se cospargerla di sale per eliminare l’amaro o, come me, saltare questo passaggio: io l’amaro della melanzana proprio non lo sento. Se decidete di salarle ricordatevi di sciacquare bene prima della cottura. Tritate la cipolla, soffriggetela con due cucchiai d’olio e quando sarà morbida e leggermente dorata aggiungete le melanzane a dadini, lasciate insaporire qualche minuto, aggiungete qualche cucchiaio d’acqua, coprite e finite di cuocere. Quando il ripieno sarà tiepido aggiungete la ricotta, il fiore sardo, il basilico e pochissimo sale, se ce ne fosse bisogno. Lasciate raffreddare.
Stendete la pasta in una sfoglia sottile, ritagliate dei quadrati, disponete al centro un cucchiaio scarso di ripieno e richiudete a triangolo, premendo bene lungo i bordi. Tuffate in acqua bollente salata, scolate, condite con un sugo leggero di pomodoro e basilico, una spolverata di fiore sardo e un giro d’olio.
Con il ripieno che vi avanza (se vi avanza) potete condirci delle bruschette. Fidatevi della nana.

focaccia dolce con marmellata di ciliegie

16 luglio 2012 § 6 commenti

Era un po’ di tempo che volevo mettere mano all’impasto n°2 della cuochina e finalmente lo scorso weekend il mio licoli si è ripreso dopo un momento di debolezza estiva, probabilmente dovuto al cambio di farina.
Dunque, le regole del gioco sono poche: ingredienti e peso dell’impasto devono rimanere quelli indicati nella ricetta, anche se la natura degli ingredienti potrà essere variata.
Per dirla più semplicemente:
– 120g di farina di forza può diventare: 80g di forza+40g debole, ma anche 60g di forza+30g di farina saraceno+30g di semola; e così via.
– 40 g di latte può diventare: 40g di acqua oppure 20g di latte+20g di acqua; e così via.
30g di tuorlo può diventare: 20g di tuorlo+10g di latte; e così via.

ingredienti
120 gr di farina di manitoba
55 gr di licoli o licoluva o licolmela
40 g di latte
30 g di zucchero
30 g di uovo un uovo intero
40 gr di burro a temperatura ambiente
un pizzico di sale
mezzo vasetto di marmellata (io ho usato la marmellata biologica di ciliegie Rigoni di Asiago)
zucchero semolato per spolverare

Montate l’uovo con lo zucchero fino a ottenere un composto spumoso e bianco.
Aggiungete il licoli rinfrescato almeno tre volte con la stessa farina dell’impasto. Setacciate la farina e aggiungetela a cucchiai, mischiando inizialmente con una forchetta. Quando sarà completamente assorbita rovesciate sulla spianatoia e impastate bene fino a ottenere un composto sodo e liscio che non si appiccichi alle mani. Unite il burro morbido un pezzetto alla volta, l’impasto deve mantenere l’incordatura, date un giro di pieghe e lasciate riposare per una mezz’ora coperto a campana (autolisi). Riprendetelo, aggiungete il sale, impastate ancora qualche minuto e fate lievitare fino al raddoppio in una ciotola ben coperta e al riparo da spifferi. Sempre che in casa vostra ci siano spifferi in questa stagione. Da me per esempio NON.
Quando sarà ben gonfio dividetelo in due e stendetelo in sfoglie di circa mezzo cm di spessore. Disponete la prima su una teglia rivestita di carta forno, ricopritela con la marmellata che avete scelto e richiudete con la seconda sfoglia, sigillando bene i bordi. Lasciate riposare coperto per un’altra ora e spolverate con zucchero semolato. Accendete il forno a 190° (statico). Quando avrà raggiunto la temperatura infornate la focaccia fino a quando avrà assunto un bel colore dorato. Sconsiglio di assaggiarla appena sfornata (AHEM), perché come certo saprete la marmellata raggiunge temperature non misurabili dalle apparecchiature umane. Fredda va bene. Tiepida è ancora meglio, la componente burrosa è avvertibile più chiaramente. E questo, cari signori, è un bene!

quanti modi di fare e rifare le ciambelline démodé con giulebbe al limone

6 luglio 2012 § 18 commenti


Anche questo mese arrivo all’appuntamento con Quanti modi di fare e rifare sul filo del rasoio, ma non importa, perché queste ciambelline démodé di Emanuela mi incuriosivano troppo per saltare il giro. Dalle mie parti non le ho mai viste, e chissà se mi sono venute come quelle originali o se c’entrano poco. In ogni caso le rifarò sicuramente, anche perché ero convinta di dover fare più prove e ne ho preparata una dose ridicola e invece, PAF! sono venute al primo colpo. E quindi son praticamente finite. Prima voglio vedere come sono le altre, però.

ingredienti per circa 12/13 ciambelline
per l’impasto
1 uovo
10 gr di burro
100 gr di farina 00
1 pizzico di sale

per il giulebbe
175 g di acqua
175 g di zucchero
la buccia di 1 limone grattugiata (solo la parte gialla, mi raccomando, eh)

Scaldate il forno il 180° e portate a ebollizione una grossa pentola piena d’acqua. Intridete la farina con il burro, aggiungete il sale, l’uovo e lavorate qualche minuto fino ad avere un impasto liscio. Formate dei cordoncini di circa 1 cm di diametro e formate delle ciambelline premendo le estremità. Gettate in acqua bollente e cuocete per 5 minuti dalla ripresa del bollore. Per questa quantità potete farlo in una sola tornata, se dovessero essere di più conviene farlo in più riprese, così la temperatura dell’acqua non scende troppo. Infornate le ciambelline finché non sono leggermente dorate (mi ci son voluti circa 20 minuti). Nel frattempo preparate il giulebbe: riunite acqua e zucchero in un pentolino e portate a ebollizione a fiamma bassa. Sarà pronto quando filerà ma non sarà ancora caramellato. Mettete sul fuoco una padella, disponete le ciambelline, parte dello sciroppo, a me ne è bastato un mestolo, e la scorza di limone. Mischiate per bene in modo che le ciambelline ne siano ricoperte su tutti i lati. Anche qui io ho fatto tutto in una sola volta, se moltiplicate la dose dovrete glassarle poche per volta. Togliete dalla padella e mettete a raffreddare su un piano ricoperto di carta forno (così si staccano più facilmente).

Il mese prossimo siamo tutti in vacanza, per cui ci si rivede a settembre da Vittoria per la Focaccia della sciùra Maria